Salento, primi giorni di settembre. Mentre il Nord Italia è stretta dalla morsa dei primi freddi (o almeno così sono soliti comunicarci i telegiornali, privi di fantasia da tempo quando si parla di meteorologia), qualcuno se la gode, eccome se se la gode, alle temperature ben più miti che questa fantastica terra propone anche sul finire della stagione estiva.
Se la gode ma in fondo pensa anche un po’ a voi, cari Compagni di Calice, e cercando di fare un servizio utile alla nostra piccola (per ora) comunità, decide di andare a visitare un’azienda produttrice di vino in questa bellissima zona d’Italia.

So che starete pensando che la redazione quest’anno ha peccato parecchio in originalità, decidendo praticamente in blocco di trascorrere le proprie ferie in un raggio di 50km circa, ma dovete immaginare questo neonato blog come un lungo viaggio lungo tutto lo stivale in cui vi accompagneremo attraverso le nostre esperienze e che il Salento sia semplicemente il punto di partenza da cui prenderanno il via tutte le nostre storie.

Un ottimo punto di partenza a dirla tutta, perché come avete già avuto modo di leggere su queste pagine, il Salento offre molti spunti e soprattutto molte realtà, emergenti o consolidate che siano e la scelta sull’azienda da visitare non è così facile come si possa pensare. Mi lascio guidare quindi dagli assaggi fatti nei giorni precedenti e dal ricordo di un piacevolissimo Salice Salentino Riserva, oltre che dal consiglio di un gentilissimo sommelier di un locale di Lecce e contatto Cantele per una visita guidata.

Sono le 15 di un caldo pomeriggio quando arrivo a Guagnano, sede dell’azienda e trovo ad aspettarmi Paolo Cantele, che della famiglia è colui che si occupa del marketing e della comunicazione. Avete letto bene, della famiglia, perché nonostante Cantele sia un’azienda di grosse dimensioni, che produce più di 2 Milioni di bottiglie all’anno e che esporta più del 60% della sua produzione all’estero, Paolo mi spiega che tutto è rimasto principalmente a conduzione familiare, con i nonni Giovanni Battista Cantele e Teresa Manara, che trasferendosi in Salento dal Veneto hanno dato il via a quella che si può considerare una bella storia di successo di vino italiano.

E’ con molta passione infatti che Paolo mi racconta di come sua nonna sia rimasta attratta da questi territori e di come da lì sia nata l’azienda, portata poi avanti dai genitori e ora gestita da Paolo e dai suoi fratelli, precisando anche quanto ci tenga ad essere lui personalmente a fare da guida alle visite dei clienti e degli appassionati.
E proprio questo trasporto e questa passione è quella che mette quando inizia a mostrarmi il “percorso” che il vino fa all’interno dell’azienda, a partire da dove le uve vengono diraspate e pigiate, in un cortile esterno in cui la temperatura di questo inizio settembre rende difficile ogni tipo di movimento. Per questo motivo, mi spiega Paolo, la vendemmia (che al momento della visita era in pieno svolgimento) viene fatta prestissimo al mattino, anzi la notte, visto che si incomincia alle 3 del mattino. Questo per permettere di raccogliere un’uva più fresca e meno “in sofferenza“.

Lasciamo il caldo dell’esterno per spostarci dentro la cantina, dove una serie che pare infinita di vasche di fermentazione sono già piene dei mosti frutto delle vendemmie iniziate in agosto e, in un’altra zona, le botti in acciaio e in legno fanno il loro lavoro di affinamento. In realtà le botti di legno sono ancora temporaneamente nello stesso spazio dove si fa l’affinamento in acciaio, dato che come mi spiega Paolo la cantina è ancora in fase di costruzione e l’area in cui verranno messe le barrique non è stata ancora ultimata.
Mentre me lo dice mi chiedo tra me e me quanto dovrà essere grossa questa nuova area, perché il numero di barrique è decisamente imponente. Le botti, mi spiega, sono per il 90% di rovere francese e per il 10% di quercia americana, dove viene messo ad affinare il Primitivo.

L’ultima parte della visita (anzi la penultima) è nella zona dell’imbottigliamento, dove Paolo mi mostra un macchinario di nuova concezione che prima di imbottigliare riempie le bottiglie vuote di azoto (gas inerme) per eliminare l’ossigeno che altererebbe il vino che poi verrà inserito nella bottiglia. Dopo il processo di imbottigliamento, l’attenzione e il discorso si sposta sull’importanza dei tappi di cui magari parleremo in un altro post.

Dopo la disquisizione (più accademica che altro) sulla diversa cultura dei tappi tra differenti paesi, la visita si sposta nel Wine Shop, dove inizia la vera e propria degustazione (sì, ci ho messo tanto ad arrivare al punto, vi chiedo scusa).
Faccio subito outing e ammetto di aver già assaggiato e apprezzato molto il Salice Salentino Riserva, preso in un’enoteca di Porto Cesareo e degustato a casa in tutta tranquillità. Paolo, mi conferma che in effetti è un vino piuttosto importante e che proprio in quei giorni gli è stato comunicato che riceverà i Tre Bicchieri dalla guida del Gambero Rosso. Soddisfatto di aver visto riconosciuta la mia valutazione da una fonte più autorevole, inizio la degustazione.

Chardonnay

Rimango sempre scettico quando si coltivano uve che vedono la loro migliore espressione in regioni completamente diverse, ma devo dire che Cantele, forse anche grazie alle origini venete, lavora lo Chardonnay in modo molto preciso, nonostante la complessità data dalla temperatura decisamente più elevata del territorio pugliese.
Il vino è fresco, molto morbido e al profumo si sente molto la caratteristica erbacea del vitigno. Il palato offre una buona sapidità che suggerisce un possibile abbinamento con dei crostacei.

Teresa Manara Chardonnay

Chi si è sorbito tutto il preambolo senza saltare direttamente alla parte della degustazione, noterà come il nome della linea di livello superiore dei vini di Cantele sia poi il nome della nonna di Paolo, Teresa Manara, per volontà del papà, con un’intuizione semplice ma geniale e che certifica l’importanza delle donne anche in un’azienda vinicola.
Il vino è molto più evoluto del precedente e gli 8 mesi di barriques si notano da subito nella colorazione più intensa. I profumi sono più accentuati e i frutti si fanno più matura, aggiungendo note speziate al bouquet. Rimango stupito di quanto il vino cambi notevolmente ogni minuto che passi e a dimostrazione di questo Paolo mi offre di assaggiare lo stesso vino da una bottiglia aperta qualche giorno prima, rivelando un maggiore equilibrio tra le componenti olfattive e un gusto leggermente più morbido e con una sapidità meno violenta.

Negroamaro Rosato

Ammetto di non essere un grande amante del vino rosato, nonostante le temperature calde del momento rendano piacevole la freschezza di questo vino, il cui bel colore rosa chiaretto è dato da una macerazione di sole 12 ore.
Il profumo di rose e frutta rossa molto fresca viene al gusto quasi smentita dal calore del vino dato dal vitigno che produce vini con importanti quantità zuccherine, che viene comunque mitigato dalla morbidezza e dalla bassa temperatura a cui va servito. Una buona soluzione per chi cerca un vino fresco ma da abbinare con piatti più complessi rispetto a un bianco.

Primitivo

Il Primitivo, ammette Paolo, costituisce una sfida vera e proprio per l’azienda data la cura e l’attenzione che necessita per mantenere una gradazione alcolica non troppo elevata. I 14% che raggiunge questo prodotto è infatti un giusto compromesso tra il non avere un vino troppo caldo e di difficile degustazione (cosa che almeno fino a qualche anno fa era in uso nel Sud Italia) e il non snaturare troppo le peculiarità del vitigno.
Per permettere una maggiore armonia al vino, il primitivo viene affinato in barriques per 6 mesi, durante i quali acquisisce il classico gusto tannico che conferisce il legno e il profumo speziato. Al naso si sente anche la componente minerale, data dal terroir (la zona di produzione è più a nord di dove si trova l’azienda) e dall’influsso dei venti dal mare.
Mentre lo degusto mi scappa la considerazione che come tipo di vino assomigli un po’ ai vini importanti del nord, citando come esempio il Nebbiolo, nonostante un tannino decisamente meno invadente. Il commento piace a Paolo, che ammette come proprio il Nebbiolo sia il loro punto di riferimento per questo tipo di vino.

Teresa Manara Negroamaro

Il Negroamaro che mi propone Paolo è quello “top“, che affina in barriques di rovere francese per 12 mesi.
Anche questo vino propone come il precedente un colore rosso rubino molto intenso e carico tipico dei vitigni Primitivo e Negroamaro. Al naso prevale il profumo di confetture di frutti rossi e di spezie e cuoio. La sensazione è che questo vino sia maggiormente predisposto per un invecchiamento rispetto al precedente, data la duratura persistenza dei profumi e l’evoluzione che propone dentro il bicchiere.
Le note minerali sono meno accentuate ma si contraddistinguono chiari i sentori di cuoio e di pellame. Il gusto è morbido, anche se pare meno “costruito” rispetto al primitivo, che ha di suo una maggior quantità zuccherina da attenuare.

Amativo

La degustazione si conclude con quello che è a mio avviso il miglior prodotto della cantina di Cantele, l’Amativo, già premiato da anni con il massimo dei voti, Tre Bicchieri, dalla guida del Gambero Rosso.
Attendevo questo assaggio con curiosità, data l’importanza del vino, un blend di Primitivo (60%) e Negroamaro (40%) assemblato con uve selezionate dai migliori vitigni a disposizione e devo dire di non esserne rimasto per nulla deluso.
Il colore è un rosso rubino molto carico, eredità di entrambi i vitigni utilizzati, il profumo è complesso, con note di confettura e spezie e una mineralità, data dal Primitivo e tendente alla pietra focaia molto accentuata.
La morbidezza e l’equilibrio che si sprigionano all’assaggio ne fanno un grande vino, cosa peraltro condivisa dagli altri Compagni di Calice ai quali ho fatto provare quest’ottimo prodotto.

La visita si conclude qui, anche se Paolo mi lascia l’acquolina in bocca dicendo di avere pronto, in prossima uscita, un nuovo Primitivo non ancora in commercio ma prodotto da un Cru selezionato da un vitigno storico. Un esperimento che è dimostrazione di come anche le aziende consolidate debbano sempre mettersi in gioco ed esplorare territori nuovi.

Davide

Azienda Vinicola Cantele
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