Come accennato nell’articolo “Bollicine d’Alta Langa!”, la serata del 13 giugno dedicata al Metodo Classico Alta Langa, come tutte le feste estive illuminate dai fuochi d’artificio… si è conclusa con 3 botti! Vini che sono espressioni diversissime di questo stesso territorio e ne dimostrano la straordinaria versatilità.
Il primo botto è un vino-mito, nato come altri bianchi di Sergio Germano (titolare dell’Azienda Ettore Germano di Serralunga d’Alba) quasi per gioco e per studio, dalla sua passione per IL vitigno bianco della Germania, il Riesling, in grado di dare vini tra i più grandi bianchi al mondo a patto di avere terreni asciutti e molto assolati. E di sole qui ce n’è da vendere: viaggiando sull’autostrada Torino-Savona in direzione del mare, tra Mondovì e Niella Tanaro non si può fare a meno di notare sul versante opposto del Tanaro una rupe bianca scavata nei millenni dal fiume e alta quasi 200 metri, sormontata da vigne ripidissime e perfettamente ordinate che sfiorano i 600 m s.l.m., in netto contrasto con l’impressione di campagna inselvatichita che danno le boscose colline circostanti. Siamo nel territorio di Cigliè. Per anni mi sono chiesto chi aveva concepito questa meraviglia e oggi l’ho conosciuto: proprio qui nasce l’Hérzu, Langhe Riesling DOC 2009 (3 Bicchieri del Gambero Rosso 2014, ed ormai considerato stabilmente tra i migliori Riesling d’Italia) di Sergio. Hérzu significa “scosceso”, “ripido”, insomma proprio come il dirupo marnoso su cui sorgono le vigne di riesling renano: un balcone naturale dall’eccezionale esposizione al sole, ma esposto anche a notevoli escursioni termiche dovute alla prossimità con le Alpi Marittime e alla ragguardevole quota.
Sui pendii circostanti quasi tutte le vigne ordinate appartengono a Sergio, che vi coltiva anche, oltre al Pinot Nero e allo Chardonnay per l’Alta Langa (lo Chardonnay anche per il Langhe Chardonnay e per il Langhe Bianco Binel in blend con il Riesling), anche la Nascetta, l’interessante vitigno autoctono che sta vivendo una promettente rinascita. Quasi con riverenza apriamo questi magnum di Hérzu: e qualcuno, col naso immerso nel calice, sussurra rapito “Hérzu! Che vino…”, un vino scosceso, tagliente, minerale come la pietra di langa da cui nasce, che sa di sole e di vento, di contrasti e sensazioni forti. Alla lunga fermentazione di 40 giorni in acciaio a 16°C segue una refrigerazione che da un lato impedisce la fermentazione malolattica preservando la viva acidità e dall’altro lascia un leggero residuo zuccherino che dona un tocco di morbidezza e aromaticità al vino. Giallo paglierino con riflessi verdognoli, al naso è fruttato (tropicale, ananas, pompelmo), vegetale, minerale, con una spiccata nota di idrocarburi che può disorientare chi non frequenta spesso il Riesling: in una parola, complesso. In bocca è altrettanto pieno, sapido, fruttato, fresco e persistente. Un gran vino da pesce crudo, crostacei, pesce salsato e tanti altri piatti saporiti persino della cucina orientale. Noi lo accompagniamo con mazzancolle, gamberi e pesce spada scottati in padella. Un vino giovanissimo nonostante i quasi 5 anni dalla vendemmia: chi è riuscito ad accaparrarsene una bottiglia stasera farà bene a dimenticarsela in cantina per qualche anno, anche se – concordiamo – sarà ben difficile resistere alla tentazione! Quindi, se da un lato speriamo di avervi fatto intuire come una celebre cantina di Serralunga d’Alba, nota per i grandi cru di Barolo (Lazzarito, Prapò, Cerretta), possa stupirci anche per l’innovazione nei bianchi, … speriamo in un prossimo futuro di farvi emozionare anche per i rossi!
Il secondo botto è un vino che ci cattura sin dal racconto che Paolo Avezza (dell’omonima azienda di Canelli) ne fa: la Barbera d’Asti Superiore DOCG Nizza 2010 Sotto la Muda (3 Bicchieri del Gambero Rosso 2014) nasce da una vecchissima vigna di Barbera in posizione privilegiata sotto la cima della collina della Muda, in territorio di Nizza Monferrato. Una vigna che come una vecchia matriarca è saggia, equilibrata, sa badare a se stessa senza richiedere troppe cure. Vecchie e preziose viti che hanno raggiunto una splendida maturità di equilibrio vegetativo, richiedono poca potatura verde e limitati trattamenti contro le malattie, e danno una produzione contenuta senza bisogno di diradamenti: uva concentratissima da cui, dopo la fermentazione in acciaio a 26/27°C con 12 giorni di macerazione e 12 mesi di riposo in barriques, nasce un vino dal colore rosso rubino scuro quasi impenetrabile, che preannuncia il naso dominato da una densa ma ancora freschissima confettura di more, ciliegie e lamponi, poi fiori appassiti e una nota di cacao e cannella; in bocca gran battaglia tra calore e glicerina in abbondanza (15° di alcool) e una vibrante, fantastica acidità, che non si lascia sopraffare da tutto il resto e sbandiera il DNA di questo vitigno. Completano il quadro il leggerissimo e piacevole tannino da legno e la bella sapidità. Un sontuoso vino da carni rosse succulente (noi l’abbiamo servito con i saporiti cotechini artigianali della Macelleria Val Ellero di Villanova Mondovì) e formaggi stagionati, che giustifica in pieno il coronamento del percorso di crescita della “Barbera d’Asti Superiore DOCG sottozona Nizza” verso la nuova denominazione “Nizza DOCG”. Una nuova denominazione che, come a suo tempo Barolo e Barbaresco per il Nebbiolo, ambisce all’eccellenza assoluta nel vasto pianeta della Barbera. Nella prossima stagione autunno-inverno cercheremo di approfondire la conoscenza con il Nizza … preparatevi!
Ed ecco infine il terzo e conclusivo botto: la sala è ormai piuttosto allegramente indisciplinata dopo questa entusiasmante carrellata di vini 😛 , ma Pietro Cirio (dell’azienda Pianbello di Loazzolo) riconquista l’attenzione raccontandoci la sua passione per il moscato, per il marin che soffia sulle ripide e selvagge rocche della Langa Astigiana e di Loazzolo in particolare, dove ginestre e macchie di rosmarino ricordano che il mare è vicino. E non è un caso che oltre al Moscato tappo raso, proprio qui quest’uva meravigliosa sappia raggiungere vette di concentrazione uniche nel Loazzolo DOC, un vendemmia tardiva tra i più preziosi d’Italia. Moscato bianco di Canelli in purezza, vendemmia nel tardo autunno con resa 27,5 hl/ettaro e poi appassimento per 2 mesi su graticci di canne: alla fine di questo processo, l’uva viene diraspata manualmente (un processo certosino che dura alcuni giorni e impegna tutta la famiglia!) e poi pigiata, dopo di che inizia una lunghissima fermentazione in barrique e infine un invecchiamento di 2 anni di cui 1 in barrique. Appena questo nettare è nel bicchiere anche noi ululiamo di piacere come il lupo in etichetta (il lupo, feroce, furbo e nobile come dice Aristotele, è il simbolo dell’azienda e ricorda l’origine del nome di Loazzolo, cioè un luogo selvatico abitato dai lupi): l’annata 2008 del Loazzolo DOC Pianbè (di cui Pietro immola per noi le ultime sacre bottiglie!) si presenta di colore giallo dorato carico, al naso un’esplosione di albicocca appassita ma non troppo, di aromi varietali ancora freschi di moscato ma anche di confettura di fichi, di salvia, di spezie, davvero complesso; in bocca caldo (11,5° di alcool) e morbido, di dolcezza non stucchevole e spiccate acidità e sapidità che invitano a berne ancora e ancora… un perfetto equilibrio, senza dubbio uno dei migliori passiti della stagione alla Compagnia del Calice. L’annata 2010 è solo un filo più giovane e meno equilibrata, con la dolcezza leggermente dominante sulle altre componenti ma in un quadro di evoluzione promettente. Vino da dessert (noi lo abbiamo abbinato con una torta di nocciole della Pasticceria Ezio Denina di Villanova Mondovì) e da meditazione, ideale con la Robiola di Roccaverano e gli erborinati. Sicuramente un’ispirazione per una futura serata dei Nuovi Fermenti sui vitigni aromatici (e non solo!) della Langa Astigiana.
Tante emozioni davvero: ancora un grazie di cuore a Sergio, Paolo e Pietro per averle condivise con noi.
Arrivederci e ancora buona estate a tutti!
Giorgio