“Sarà il calice di destra o quello di sinistra?!?” Questa domanda è stata il leitmotiv delle due degustazioni che abbiamo dedicato il 20 e il 27 febbraio a “I sorì del Barbaresco”. Doppia serata per esser nel giusto numero di persone e far sì che ci si potesse concentrare e confrontare sui vini preposti. Due calici davanti a sè dove degustare, rigorosamente alla cieca, le 3 coppie di vini da noi selezionati.
La panoramica dei comuni è stata completa: Barberesco, Neive, Treiso e anche San Rocco Seno d’Elvio, la frazione di Alba che diede i natali all’imperatore romano del II sec d.c. Publio Elvio Pertinace. La panoramica delle annate ha coperto 3 millesimi recenti, ma diversissimi tra loro: 2011, 2010 e 2009, rappresentato quest’ultimo da due splendidi Barbaresco Riserva. Anche la panoramica storica di questo vino è stata importante: i cenni biografici del Cav. Domizio Cavazza, padre del Barbaresco seppur di origini emiliane e con studi enologici in Francia, hanno incuriosito gli amici e le amiche in sala. E infine, gli stessi panorami fotografici proiettati, con i pendii e le geometrie dei vigneti, hanno aiutato a far apprezzare ancor di più le degustazioni.
La prima coppia di vini ha messo a confronto due Barbaresco 2011: il femminile ed elegante Sandaive dei fratelli Adriano Marco e Vittorio di Seno d’Elvio e il Rabajà della cantina Giuseppe Cortese, dal vigneto icona del e di Barbaresco. “Sarà il calice di destra o quello di sinistra?!?” con il Barbaresco Sanadaive, più rubino, floreale al naso e immediato in bocca. E dove, invece, il Rabajà che lunga macerazione e l’importante affinamento in legno di oltre 22 mesi gli conferiscono una bella tonalità granato, un profumo di confettura di prugna e tannini scalpitanti. Due vini diversissimi per vigna e vinificazione, accostasti volutamente per essere riconoscibili. E così è stato, senza dubbi nè remore, con le amiche in sala che hanno apprezzato maggiormente il Sanadaive, mentre i maschietti tutti orientati al giovanissimo e più prospettico Rabajà.
La seconda batteria ha proposto il millesimo 2010. Un anno di riposo in più ha dimostrato quanto il Barbaresco, così come il Barolo, è vino per appassionati “pazienti”, che sanno aspettare la giusta maturazione. Il Nervo Fondetta della Cantina Rizzi di Treiso arriva da uno dei cru con l’altitudine più elevata di tutta la DOCG (circa 350 m slm) che presenta, inoltre, stratificazioni di sabbia nel terreno calcareo argilloso. Entrambi questi fattori determinano sicuramente un’impronta olfattiva estremamente fine ed elegante, con affascinanti sensazioni speziate di cannella, chiodi di garofano e soprattutto liquirizia. In bocca è armonico tra le componenti morbide (alcol e glicerina) e quelle dure (acidità e tannino), con una prolungata sapidità.
Il Gallina 2010 di Piero Busso, uno dei principali cru di Neive (insieme all’Albesani in cui è ubicata la cantina della famiglia Busso), subito appare un pochino timido e chiuso al naso, ma dopo averlo lasciato ossigenare nel calice… abbiamo una complessità di profumi dapprima floreali di viola e rosa appassite, poi arrivano i frutti di boschi con anche una sensazione di arancia candita e non mancano le note tostate del legno in cui è maturato per oltre 18 mesi. In bocca è muscolare e potente, con un tannino presentissimo, che beneficia e beneficerà del riposo in bottiglia per levigarlo ulteriormente.
Anche in questo secondo confronto si riconosce in quale dei due calici è stato servito l’uno e l’altro vino. Tutti sono soddisfattissimi dall’elevata qualità dei prodotti, per quanto divisi, tra chi ha apprezzato di più i profumi eleganti e speziati e chi si è fatto avvolgere dai tannini.
E per completare… 2 Barbaresco Riserva 2009, dai lunghi affinamenti in legno.
Restiamo nel comune di Neive con il cru Basarin della cantina Adriano, vigneto per troppo tempo ritenuto adeguato per le Barbere di qualità, ma che negli ultimi decenni è stato riconvertito e dedicato al vitigno Nebbiolo. Collina vasta ed estremamente scenografica, che tra i vari produttori in cui è parcellizato, ospita anche la vigna dei fratelli Adriano da cui Marco e Vittorio traggono un vino estremamente intrigante al naso (con sentori dapprima di viola e di rosa che evolvono nella confettura e nelle note speziate) e nobile in bocca (con l’armonia del tannino conferitagli dalla lunga maturazione e una bella sapidità).
Il confronto proposto prevede il Rio Sordo di Cascina Bruciata (Barbaresco), un vino di impronta biologica e, unico della serata, affinato in barrique. Questi elementi sono stati subito determinanti nel far individuare già al naso in quale dei due calici era stato servito. Un vino complesso che ha diviso molto la sala. Forse meno Barbaresco secondo l’immaginario comune di questa Denominazione, sicuramente un grandissimo prodotto con profumi in continua evoluzione, dalle note balsamiche ai più tipici frutti rossi e poi via con le sensazioni tostate e torrefatte che si completano in bocca con un finale di cacao amaro. In bocca è ampio, caldo e persistente… davvero grande.
Una doppia serata dalla doppie emozioni!
Un grazie di cuore e i nostri complimenti più vivi vanno a Jole, Vittorio, Gabriele, PierGuido e Carlo e a tutti quelli che collaborano quotidianamente nelle loro cantine. Se vi troverete a passare per i sorì del Barbaresco, non esitate ad andare a trovare questi amici e farvi raccontare direttamente da loro le caratteristiche dei loro prodotti e la passione che ci infondono.
Gabriele