In una due giorni in Alto Adige tra vigneti e vini di eccellenza  non poteva mancare l’incontro con Franz Haas.

La sua azienda da 130 anni esprime al meglio la qualità dei vini Alto Atesini, ed a condurla da 7 generazioni  c’è sempre stato un Franz Haas, come suo nonno Franz, suo padre Franz e ora sulla buona strada c’è anche il figlio…Franz!

Franz senior ci accoglie con entusiasmo, trasmettendoci il suo amore per la viticoltura ed in particolare la sua infinita passione per il Pinot Nero.
Pinot Nero
Alla domanda: “Qual è la tua strada?” Lui: “Voglio arrivare lì!” indicando un calice con accanto una bottiglia vuota di La Tache (uno dei Pinot Noir più prestigiosi al mondo di Romanée-Conti, ndr) del 1953: “ogni sorso era un canto verdiano….”
E lì i miei pensieri sono andati indietro nel tempo ad  8 anni fa quando avevo aperto il Pinot Nero Scheweizer 2001 proprio di Franz Haas: ho avuto anche io una sensazione analoga.

Franz ci racconta la storia della sua cantina dal 1880 sino agli anni ‘80, da quando lui (dopo una “lotta generazionale” con il padre) conduce l’azienda, dando una svolta, portando la densità dei suoi vigneti da 6000 a 12500 viti per ettaro ed utilizzando viti a bassa resa. Con questo nuovo metodo ottenne degli ottimi risultati ed i vini acquistarono quella longevità che contraddistinguono la cantina..
Franz, ci parla della continua ricerca di come perfezionare le sue creature, di come il suo entusiasmo abbia coinvolto tutta la sua squadra, moglie e figli inclusi.

Le variazioni climatiche a partire dal 2000 sono caratterizzate da un aumento delle temperature di qualche grado. Si è reso quindi necessario impiantare i vigneti in altitudine dato che la combinazione con la tipologia di terreno del lato dolomitico (conformazione sabbiosa porfidica ed argillosa, con la presenza di stratificazioni calcaree) dovrebbe dare al vino ancora più longevità ed una spiccata acidità. Così Franz ci porta a vedere una delle sfide (anche contro quanto stabilito dalla legge che vieta di coltivare vigneti oltre i mille metri di altitudine), la maggiore avventura della sua cantina: un vigneto di Pinot Nero a 1130 metri! Tra un paio d’anni vedremo quale grande risultato darà.

Incontro con Franz HaasTorniamo poi alla sua cantina dove ci fa assaggiare alcuni campioni di Pinot Nero. Tutti avevano una particolare identità considerato che provenivano da diverse “lavorazioni”, passando da una macerazione con o senza raspi, ad una fermentazione malolattica e maturazione in tonneaux, con o senza lieviti naturali…
Negli occhi di Franz si percepiva l’interesse ad ogni nostra opinione, e con gran soddisfazione ritrovava proprio le sfumature che il suo vino avrebbe dovuto trasmettere.
Davanti a noi c’era un innovatore, un ricercatore, un perfezionista con grande autocritica. Sulla fronte si leggeva il seguente interrogativo: “Posso ancora migliorare?”

Con lui parliamo anche di tappi, o meglio, del tappo a vite che lui ritiene essere il futuro anche per vini longevi. Ma su questo ne parleremo in una delle prossime degustazioni per capire insieme se far parlare il tappo o il vino. Come sommelier ammetto che l’apertura di una bottiglia con tappo a sughero abbia una sua poesia, ma forse è meglio concentrarsi su cosa ci sia dentro la bottiglia. E’ come quando incontri una bella donna con un bell’anello da 3 carati: non facciamoci abbagliare, guardiamo le sue mani, sentiamone il profumo, ascoltiamo la sua voce per conoscere il suo carattere…

A Franz faccio i complimenti anche per le etichette dei suoi vini, disegnate dall’artista Riccardo Schweizer (a cui dedicò il suo selezionato Pinot Nero). Vengono utilizzate dal 1987, sono di gran effetto, innovative per quel periodo, identificative della sua immagine, riconoscibili tra mille altri prodotti, ed anche qui mi dice: “Si, un bell’abito, ma è bello scoprire cosa c’è sotto….”. IDOLO!!!

 

Fabio