“Rien sans peine” recita il motto che appare sullo stemma dei Ricasoli: niente senza fatica, niente è dato. Chi visita questo luogo incantato stenta a crederlo, ma la vicenda di questa famiglia, che ha fatto la storia d’Italia e del vino italiano, è stata un susseguirsi di lotte, successi, cadute e rinascite. Al centro, protetta e ampliata nei secoli con tenacia e lungimiranza, una delle più straordinarie proprietà della Toscana: il Castello di Brolio, oggi monumento nazionale. I Ricasoli, di origini fiorentine, lo possiedono ininterrottamente almeno sin dal 1141 e fu per secoli il punto più meridionale dello stato fiorentino, un presidio minacciosamente incuneato nel cuore del territorio di Siena. Sorge a Gaiole in Chianti, nel cuore della zona senese di produzione del Chianti Classico, e costituisce forse la più antica azienda d’Italia con oltre 8 secoli di attività, e probabilmente la seconda azienda vitivinicola più antica al mondo. Vi si produsse sempre vino con i vitigni classici della zona, in primis sangiovese, canaiolo, malvasia e già nell’antichità il vino di Brolio era un benchmark per tutto il vino toscano. Ma bisogna attendere la metà dell’800 per vedere il Chianti crescere qualitativamente fino a rivaleggiare in perfezione con Bordeaux e la Borgogna. Il barone Bettino Ricasoli, detto il barone di ferro, fu protagonista di questa epopea: strenuo sostenitore del sangiovese, lo portò all’eccellenza sperimentando in vigna e in cantina nuove tecniche apprese nei suoi viaggi in Francia, ma piantò anche vitigni francesi, ancora oggi coltivati e usati come complemento del sangiovese nei Chianti Classico o in purezza nei moderni “Super Tuscans”. Di pari passo, combinando un’etica quasi protestante con una passione politica incontenibile, Ricasoli promosse non solo il progresso delle tecniche agricole ma anche il progresso sociale dei contadini toscani e, pur alternando la politica attiva ad anni di ritiro in campagna, traghettò con saggezza e determinazione la Toscana dalle guerre d’indipendenza all’unita d’Italia, diventando infine il secondo primo ministro dell’Italia unita subito dopo il suo alter-ego piemontese, Cavour. Oggi l’Azienda Barone Ricasoli, con i suoi oltre 240 ettari di vigneti (e quasi mille di boschi, parte dei quali faranno spazio a nuovi vigneti negli anni a venire) intorno alle mura del Castello di Brolio, è guidata dal Barone Francesco Ricasoli, il 32° Barone di Brolio! Dopo una prima parte della sua vita dedicata alla fotografia, Francesco sentì un’inarrestabile bisogno di ritornare alle radici: nel 1993 ricomprò la quota di Brolio in possesso della cantina australiana Hardy. Poi in 20 anni di oculati e coraggiosi investimenti in cantina e in vigna (il gigantesco piano ventennale di re-impianto di quasi tutti i vigneti aziendali) ha riportato il Castello di Brolio al suo antico splendore come centro propulsore del Chianti Classico, di cui l’azienda rappresenta il singolo più grande produttore.
Di questo e tanto altro ci ha raccontato con orgoglio Gerardo Bosco di Barone Ricasoli, mentre sulla nostra parete-schermo venivano proiettate meravigliose immagini di vigne e cipressi, delle avveniristiche cantine del Castello così come del suo cuore più antico, dalle collezioni d’armi dei Ricasoli ai cimeli risorgimentali … che sogno!
Partiamo a degustare il Torricella, Toscana IGT Bianco 2013 (chardonnay 80%, sauvignon blanc 20%), accompagnato da pecorino della Val d’Orcia di media stagionatura in grotta: giallo paglierino di media intensità, la criomacerazione per 12/16 ore e la successiva fermentazione in acciaio a 12-16 °C per 25/30 giorni estraggono profumi allo stesso tempo intensi e finissimi di frutta a polpa bianca, agrumi ed erbe aromatiche, con note minerali che si ritrovano in bocca nella splendida sapidità, accompagnata da una piacevole giovanile freschezza. Il vino si affina per 6 mesi 50% in tonneaux e 50% in acciaio, poi altri 3-4 mesi in bottiglia, che potrebbero sicuramente essere molti di più. Davvero notevole per un bianco nella “culla” dei vini rossi!
Ma eccoci a degustare in gran progressione i 3 Chianti Classico di Brolio (ce ne sono altri nella gamma, ma questi provengono dalle vigne intorno al Castello). Le etichette di elegante sobrietà celano tanta tanta sostanza, a cominciare dal vino base di cui sono prodotte 600000 bottiglie, il Brolio Chianti Classico DOCG 2012 (sangiovese 80%, merlot 15%, cabernet sauvignon 5%). La ricetta del Chianti Classico, quella adottata negli anni ’60 quando fu creata la DOC, se la sono fatta in famiglia a metà dell’800, quando Bettino Ricasoli sperimentava i vitigni bordolesi per “limare” alcune ruvidezze del sangiovese. Questi vitigni occupano circa il 10% dei vigneti di Brolio, per il resto sangiovese in gran parte del clone “sangiovese di Brolio”, selezionato negli anni con sapienti selezioni massali dalle vecchie vigne del Castello. Proprio il Merlot, vitigno sempre miglioratore, contribuisce al colore rubino molto intenso e vivace e dona al Chianti Classico base una morbidezza ideale, che si combina con il fresco e persistente fruttato di amarene e ciliegie del sangiovese. Dopo una vinificazione tradizionale in acciaio, il vino si affina per 9 mesi parte in barriques e parte in tonneaux, infine per 6 mesi in bottiglia. Un vino equilibratissimo, con sicuramente una buona capacità di invecchiare. Oltre al fruttato spiccano fresche note floreali di viola e mimosa, balsamiche di menta, freschezza e tannini fini. Un base di altissimo livello.
Saliamo di un gradino con il Brolio Riserva, Chianti Classico DOCG Riserva 2011 (sangiovese 80%, merlot 15%, cabernet sauvignon 5%). Avvicinandolo al naso si rimane di stucco: è di rara intensità, una gioiosa esplosione di piccoli frutti maturi (mirtilli, more) sia freschi che in confettura, poi si intuisce il più lungo affinamento rispetto al base (16 mesi in barriques e tonneaux) per le intriganti note di spezie dolci, tabacco e delicatamente boisé. E il corpo non è da meno: caldo (14,5%) ma fresco e sapido allo stesso tempo, dai tannini avvolgenti che promettono ancora una lunga evoluzione. Le notevoli escursioni termiche e le caldissime giornate dell’agosto 2011 hanno fatto davvero un capolavoro. A fatica l’intensa aromaticità della finocchiona tenta di stare al passo con tanta forza e persistenza nel calice… e non siamo ancora ai top di gamma!
Eccolo il primo top: il Castello di Brolio, Chianti Classico DOCG Gran Selezione 2011 (sangiovese 80%, cabernet sauvignon 10%, merlot 5%, petit verdot 5%). Qui a dare manforte ad una selezione dei migliori grappoli di sangiovese (la produzione è di circa 20000 bottiglie) ci pensa un altro fuoriclasse, il Cabernet Sauvignon. La tipologia Gran Selezione, introdotta con la modifica del disciplinare nel gennaio 2013, è il vertice della piramide qualitativa del Chianti Classico, e prevede solo uve dai vigneti di proprietà più vocati e dalle basse rese, ed un affinamento più lungo rispetto al Riserva. Ecco il vino che dovrebbe assaggiare chiunque non conosca la Toscana: l’essenza della nobiltà e dell’eleganza istintiva, concreta, frutto di una lunga storia e di una natura generosa. Affinato per 18 mesi in barriques e tonneaux, poi per oltre un anno in bottiglia, dal colore rubino intenso e vivo, al naso è davvero ampio: frutta rossa matura e sotto spirito come ciliegia e visciola, mirtillo, mora, floreale di viola mammola, vaniglia e spezie, cacao, ed una persistente balsamicità. E in bocca la struttura è fantastica e non inferiore al precedente, se possibile meno impulsiva e un filo più elegante, aristocratica. Siamo davvero al TOP. Lo abbiniamo ad un pecorino stagionato, che accompagnerà anche il vino successivo.
Un altro top: il Casalferro deriva da un vigneto che anno dopo anno ha evidenziato la sua spiccata personalità, tanto che progressivamente gli altri vitigni sono stati eliminati dal blend per permettere al Merlot di esprimersi in purezza. Gerardo ci ha raccontato l’importanza della zonazione nel progetto di rinnovo portato avanti da Francesco Ricasoli: studiare per ciascuna particella il terreno e il microclima, e per ciascuno sperimentare il vitigno, il clone e il portinnesti più adatto, ottenendo il meglio da ciascuno. Tutto questo si materializza nel Casalferro, Toscana IGT Rosso 2011 (merlot 100%). Vinificazione e affinamento sono analoghi al Castello di Brolio Gran Selezione, ma emerge netto il vitigno con il colore rubino intenso dai riflessi porpora, poi il terroir per le note balsamiche e minerali, poi ancora il Merlot con note speziate e di frutta nera e rossa matura. In bocca è fresco ed esuberante, ricco, vigoroso e potente, morbido ed aromatico di cacao tanto da azzardare (dopo un boccone di pecorino) un abbinamento con cioccolato fondente al 70% … intrigante ma … sulla lunghezza vince il vino!
Chiudiamo la serata con un vino che è parte integrante della storia di questa terra, il Castello di Brolio Vin Santo, Vin Santo del Chianti Classico DOC 2006 (malvasia, sangiovese). Se qualcuno è abituato a certi Vin Santo del passato, ossidati e/o stucchevoli, beh… deve ricredersi! Dopo la vendemmia tardiva e un ulteriore appassimento di 3 mesi, le uve fermentano in caratelli di rovere da 225lt, poi il vino matura per 4-5 anni sempre nei caratelli, assumendo una tonalità ambrata con riflessi dorati. Il naso è ricchissimo: miele, castagna, mandorla, marmellata d’arancia, albicocca. Il tutto ritorna in bocca, un mix di mandorla tostata, amaretto, noce, fichi secchi; ovviamente caldo e morbido, è di sorprendente freschezza e sapidità, di gran persistenza. Non ci si stancherebbe mai di berne… e i cantucci, preparati magistralmente da Daniela (la moglie di Gabriele), si abbinano alla prefezione. Grazie Dani!
Che dire di un livello qualitativo medio così alto a fronte di volumi cosi grandi (oltre 2 mln di bottiglie)? Chapeau per questa realtà che ci insegna cosa significhi primeggiare e ci deve riempire d’orgoglio per ciò che l’Italia e gli Italiani sono capaci di generare.
A presto!
Giorgio