Narra la leggenda che i vini bianchi migliori al mondo si producano in Francia e in Germania. La stessa leggenda ci informa che i bianchi Italiani più buoni li troviamo nel Nord Est (Friuli, Trentino-Alto Adige) e al Sud (Campania e Sicilia.

Questa leggenda ignora il Piemonte, che produce sì grandi rossi ma non è adeguatamente rappresentato sui prodotti a bacca bianca, delegando all’Arneis (e un po’ meno all’Erbaluce) il ruolo di testimonianza di secondo piano. Ma questa leggenda parla anche di un vitigno che nei tempi lontani si coltivava molto nei Colli attorno a Tortona e che poi è stato abbandonato fino alla fine degli anni ottanta. Nella fase di rinascita del vino italiano (dopo lo scandalo del metanolo) si scatenò una diatriba fra i produttori che intendevano “cabernettizzare” il territorio italiano (cioè privilegiare i vitigni internazionali) e coloro che invece avrebbero voluto recuperare i vitigni autoctoni. Vinsero (per fortuna) i secondi e molti vitigni quasi dimenticati furono reinterpretati. Fra questi produttori vi era anche Walter Massa che scommise sul Timorasso, l’antico vitigno quasi dimenticato delle valli Curone, Grue e Ossona.

Dopo anni di solitudine, altri produttori hanno seguito l’esempio di Walter Massa e ora il consorzio conta 23 produttori di questo vino. Il Timorasso è un vitigno difficile e incostante, che ha bisogno di una cura in vigna quasi giornaliera. Il risultato di questo difficile lavoro è un vino di corpo, dai colori vivaci, i profumi intensi e da una struttura alcolica che può arrivare tranquillamente ai 15°. E’ un vino che si presta ad un medio invecchiamento. Vini di questa struttura si trovano solo nel Sud italiano. Ecco perchè il Timorasso deve essere guardato con particolare interesse.

Sabato, Niky ed io ci siamo trasferiti a Tortona e abbiamo scelto tre produttori di Timorasso per conoscerlo meglio.

Azienda Agricola La Colombera

Il caso ci ha portato a Vho presso La Colombera (www.lacolomberavini.it). La giovane Elisa Semino, bella espressione della nuova giovane generazione di viticoltori italiani, ci ha accolti sorridente nella cantina di famiglia che usa anche come “bottega” dei loro prodotti alimentari. Ci ha presentato due etichette di Timorasso: il Derthona e il Montino.

Il Derthona 2010 è un blend di quattro vigne diverse di Timorasso. I terreni sono argillosi ma cambia le composizione minerale (più o meno ferro). Il colore è giallo paglierino tendente al dorato. Il profumo è minerale, note fruttate di pesca e un leggero sentore di miele finale. Al gusto è intenso, sapido, minerale e rispetta la promessa di pesca sentita nei profumi. E’ persistente. Ha una spalla acida molto imponente anche se non riesce a riequilibrare la sensazione di “grassezza” che rivela in bocca. Ritengo che sia un vino ancora troppo giovane per esprimere le sue caratteristiche che sicuramente sono molto importanti.

Il “Montino” 2010 (la vigna più alta della proprietà) ha un colore giallo dorato tenue. Nelle note minerali dei suoi profumi si riconosce una nota piacevole di idrocarburi che ricorda il Riesling (del resto, il Timorasso sembra ne sia lontano parente). La complessità dei profumi riporta anche le note fruttate di pesca, ma anche di agrumi (pompelmo più che arancio). In bocca è morbido, vellutato, avvolge la bocca completamente. Anche in questo caso l’acidità è netta, ma è sicuramente più equilibrato del Derthona. E’ immaginabile che questo vino si esprimerà al meglio fra due o tre anni.

Cascina Montagnola

In una elegante villa ottocentesca a Viguzzolo, Donatella Giannotti (http://www.cascinamontagnola.com) ci presenta due suoi vini banchi: il “Morasso” (sia del 2010 che il 2009) e l’ultimo nato “Alcesti” (Sauvignon in purezza).

Il Morasso 2010 ha un colore giallo paglierino tendente al dorato, con un profumo minerale importante, frutta gialla matura, fiori di acacia. In bocca è secco e morbido con un spalla acida importante.

Il Morasso 2009 è tutta un’altra cosa: al naso si sentono subito sentori di frutta secca (nocciola tostata), frutta (pesca ma anche mela), pompelmo rosa, note di erbe balsamiche, finale di miele. Al gusto tutti i profumi ritornano molto equilibrati, con la nota caratteristica di sapidità decisa e persistente ma non fastidiosa. E’ un vino di corpo (14,5°), molto piacevole da accostare a piatti saporiti, come arrosti di carne bianca o piatti di pesce sapido (baccalà, guazzetto).

L’Alcesti è un Sauvignon in purezza che ricorda al naso i sentori erbacei di peperone verde classici di questo vitigno, i fiori bianchi. Al palato è fine ed elegante ma è decisamente meno intenso del Timorasso

Pomodolce

Sul crinale tra la Val Grue e la Val Curone si trova il paese di Montemarzino, un luogo di cui anche Tom Tom ha difficoltà a indicare la strada: credo sia impossibile arrivare in quelle lande per caso, bisogna proprio imporselo. Nel silenzio di queste vallate si trova l’azienda di Silvio Davico (http://www.pomodolce.it), che coltiva l’uva con criteri rigorosamente biologici, senza l’uso di diserbanti, pesticidi, concimi chimici.

Veniamo accolti nel Ristorante di famiglia “Da Giuseppe” e, vista l’ora, accettiamo la degustazione di vino consumando anche la cena. Silvio ci fa assaggiare il “Diletto” 2010, con uve provenienti da tutte le loro vigne. Questo vino ha la caratteristica tipica della lavorazione aziendale, che prevede il riposo del vino sui lieviti per 10 mese. Ne deriva un forte profumo fragrante che copre all’inizio gli altri sentori di pesca e mela. In bocca ha una forte mineralità con una media persistenza.

Durante il primo antipasto (una piccola tagliata fredda di vitello con funghi porcini) arriva il secondo Timorasso che ci accompagnerà per le altre due portate (un salame prodotto da maiali di due anni e un flan di porri su crema di acciughe). Si tratta del “Grue” 2009 (abbiamo saltato il 2010, che anche a detta di Silvio, è troppo giovane per essere apprezzato) che proviene dalla vigna di proprietà disposta in cima alla collina (380 mt). Il colore è più intenso del precedente, quasi dorato, il profumo propone crosta di pane, frutta, miele, note minerali. In bocca è “grasso”, avvolgente, sapido, molto fresco e persistente.
Insieme ai miei gnocchetti di zucca con crema di Montebore (formaggio tipico locale) e ai tagliolini ai funghi porcini di Niky, Silvio ci porta una bottiglia di Grue del 2008. In questo caso il colore è decisamente dorato (la poca luce della sala non contribuisce ad apprezzarlo) e i suoi profumi sono più complessi, con note di nocciola tostata e di miele dopo le pesche sciroppate e gli agrumi. Anche in questo caso in bocca è avvolgente e complesso, con sapori minerali molto marcati, persistente.

Alla fine della giornata il giudizio parziale sul Timorasso è quello di un vino importante, con profumi e sapori che possono competere con la Falanghina o il Fiano, con un colore che ricorda più il caldo sole mediterraneo che non le fresche colline piemontesi. Purtroppo è un vino che viene prodotto solo in 135.000 bottiglie l’anno, il che impedisce di creare un sistema anche commerciale capace di penetrare i mercati (ad esempio, Silvio Davico lamentava di non avere le 4.000 bottiglie ordinate da un importatore Coreano).

Spero che i produttori di quella zona non demordano e, con l’aiuto di istituzioni forse non ancora preparate, riescano a fare “sistema” e a continuare a produrre questo ottimo vino.

Massimiliano