Dopo la finale del Campionato europeo di calcio del 2000 (2-1 per i blue, grazie al golden gol di Trezeguet) e quella mondiale di Berlino del 2006 (in cui Capitan Cannavaro sollevò la coppa al cielo), Italia e Francia si affrontano di nuovo nell’evento “finale” del 2012 della Compagnia del Calice.
Alle 20:30 di venerdì 14 dicembre, l’arena dove i due contendenti si dovranno scontrare è pronta: tavoli, calici e apetizers. Ed anche le bottiglie di champagne e di metodo classico sono già nelle frappeauses. Manca solo il pubblico che, come direbbe il conduttore di X-Factor, è anche il giudice di questa sfida.
Già perché saranno gli ospiti della serata, raccolti intorno ai sette tavoli approntati e addobbati dalle Ladies del Calice (Nicoletta, Simona e Valeria), che dovranno decretare i vincitori delle sfide tra brut, millesimati e rosè francesi e italiani, sventolando le bandierine dei rispettivi tricolore e sostenendo la propria scelta a gran voce, o rumore, come nella miglior puntata de La Corrida!!!
E poi arriva il fischio di inizio da parte di Antonio, speaker della serata insieme a Marco, che avvia il confronto tra le prime due etichette: il Brut Franciacorta Satén di Monterossa e Brut Tradition Gran Réserve di André Roger. Il Satén, tipologia specifica della Franciacorta, si caratterizza per la finezza e l’eleganza conferitagli delle uve Chardonnay (100% da disciplinare) e dalla bassa pressione atmosforica a cui tali prodotti devono attenersi.
Per contro il Brut Tradition si dimostra più muscolare e strutturato, grazie alla presenza del Pinot Noir al 75% (il restante 25% deriva da uve Chardonnay) e di una parte di vino base pari al 20% affinato il dotte di rovere.
Insomma, un raffinato fuoriclasse italiano contro un granitico “atleta” d’oltralpe. E così la prima sfida se l’aggiudica il sapido e persistentissimo André Roger con un inequivocabile 7 tavoli su 7.
Il secondo tempo vede scendere in campo i millesimati: per l’ Italia c’è un Trento delle storiche Cantine Lunelli, il Ferrari Perlè Vendemmia 2006, mentre per la Francia ci troviamo un’altra etichetta della Maison Andrè Roger, il Millesimè 2007.
Lo scatto d’orgoglio del metodo classico trentino stupisce e colpisce i 60 ospiti della serata. Si tratta infatti di uno spumante Blanc de Blanc rimasto sui lieviti per oltre 5 anni, che esprime al naso sia le classiche note di crosta di pane, ma anche i sentori del territorio da cui proviene come la mela renetta. In bocca è ampio, armonico e davvero persistente. Come detto, una bella sorpresa.
Ma il Millesimè français non ci sta a concedere il pareggio e si batte forte della sapidità e dell’eleganza del Pinot Noir presente all’80%. Sorseggiando questo champagne, ci si inebria con la joie de vivre che solo le più famose bollicine del mondo sanno far provare.
Al 90° minuto, la situazione è di parità. La sfida tra i millesimati ha infatti visto prevalere, seppur di misura, il Perlè 2006 (4 tavoli su 7). C’è chi però invoca la moviola per una dubbia sventolata di tricolore italiano ma, come disse un celebre filosofo del ‘900 …”rigore è quando arbitro fischia”. E dunque le bollicine agguantano il pareggio e solo i tempi supplementari decreteranno il vincitore.
Ma c’è un’altra sfida nella sfida, quella che si consuma tra gli stessi arbitri, ops ospiti. Perché anche in questa serata, per non prendersi troppo sul serio, c’è un eno-gioco, apprezzatissimo sicuramente da chi lo vincerà poiché potrà portarsi a casa “na bela buta” di Ferrari Perlè Vendemmia 2006. L’originalissima idea per la serata, si ispira appena appena alla Cult TV anni ’80. Niente Drive in né Il Pranzo è Servito. E neppure Colpo Grosso, ahimè! In una boccia di sofisticato cristallo boemo sono riposti ben … tappi a fungo, più di 5 ma meno di 500, come spiegano Marco e Antonio. E’ Alessandro ad individuare il numero esatto di tappi pari a 74.
L’ultima sfida si gioca sul campo dei Rosè: il Contratto For England contro l’Elegance Rosè della linea Marie Hanze della Maison Maillart. Il metodo classico piemontese, dall’affascinante color rosa cipria, dall’etichetta belle epoque e, soprattutto, dal sapore così personale dovuto all’assenza di liquer d’expedition (si tratta, infatti, dell’unico Pas Dosè proposto nella serata, concepito dalla cantina di Canelli a inizio ‘900 per il sofisticato mercato inglese), dovrà però cedere all’omologo francese. Il Rosè francese è stato, giudizio personale, sicuramente il prodotto più interessante della serata: sarà per il prestigioso cru di provenienza, la Montagne de Reims, sarà perché era l’unico tra gli champagne a presentare il taglio classico delle 3 uve (60% Pinot Noir 30%, Pinot Meunier e 10% Chardonnay) o sarà per la persistente sapidità. Avrei voluto poterlo apprezzare seduta stante in un’inusuale abbinamento con una bella tagliata di manzo o, perché no, con un bollito misto alla piemontese, così da risolvere con un marriage enogastronomico l’eterna sfida italo-francese.
Per quanto riguarda, quindi, la nostra sfida da fine del mondo (alla faccia dei Maya), lo champagne si è rivelato un pochino superiore al metodo classico italiano, secondo i modesti pareri degli amici che hanno preso parte al terzo evento della Compagnia del Calice, non certo dei critici ma sicuramente dei consapevoli appassionati. I francesi hanno dimostrato qualcosina in più, forse perché proprio loro hanno inventato la tecnica champenoise o forse per l’innegabile charme che da sempre manifestano.
Con il calice in mano, brindiamo insieme alle prossime feste.
Gabriele