“Si prega i gentili passeggeri di prender posto a bordo. Il viaggio sta per iniziare”.
La serata World Wide Wine è stata più di una degustazione. E’ stata un viaggio intorno al mondo attraverso sei vini che ha coinvolto gli ospiti dall’inizio alla fine, in un susseguirsi di giochi, sorprese ed esperienze enologiche di gusti esotici e lontani che, speriamo, abbiano soddisfatto tutta la platea.
Partiamo dall’inizio. L’idea sull’organizzazione di questa degustazione era chiara fin dall’inizio: portare a conoscenza i nostri ospiti di zone enologiche meno conosciute e difficili da poter assaggiare se non in una serata come questa. Sarebbe stato probabilmente più facile puntare su vini francesi, spagnoli o tedeschi, di facile reperimento e che avrebbero sicuramente garantito un alto livello enologico.
La nostra scelta però è stata diversa, forse più sfidante, e abbiamo deciso di fare un vero e proprio Giro del Mondo toccando continenti lontani ed escludendo proprio l’Europa, per la quale sicuramente in futuro verrà sicuramente dedicata una serata.
Un tocco di internazionalità è stato cercato anche nella predisposizione degli immancabili abbinamenti gastronomici ai vini proposti, non solo cercando i cibi che provenissero almeno d’oltralpe, ma anche sostituendo i torinesissimi rubatà con un melting pot di gusti. Bretzel bavaresi, Pita medio-orientale, Pane Azimo di ebraica tradizione e soprattutto Papad Indiana, sottili focaccine di farina di lenticchie.
Per il nostro viaggio siamo partiti quindi dagli antipodi, la Nuova Zelanda, siamo saliti sulla nostra mongolfiera di Phileas Fogg-iana memoria e siamo partiti con in mano il primo bicchiere della serata.
Il Sauvignon Blanc Kim Crawford 2012 è un bianco freschissimo, tradizionalmente erbaceo, che però in questa paese acquisisce anche note citrose e di frutta tropicale. In bocca impressiona, non solo per la buona acidità, ma soprattutto per la sapida persistenza. Si tratta di un vino proveniente dalla Wairau Valley della regione del Marlborough – Nuova Zelanda. La N.Z. è un paese enologicamente, ma non solo, decisamente giovane. Le prime viti furono piantate nel 1819 e solo 20 anni dopo lo scozzese James Busby produsse il primo vino. Da allora, superate le piaghe dell’oidio e della fillossera (fine ‘800), la viticultura e l’enologia presero piede fino all’eccesso di produzione degli anni ’80 che indussero le autorità a favorire l’espianto. Oggi, però, grazie all’azione mitigante dell’Oceano e all’abilità in cantina, la Nuova Zelanda si colloca, in particolare con il Sauvignon Blanc, nell’Olimpo dell’enologia mondiale.
Il viaggio è stato lungo, a tratti impervio, ma la nostra mongolfiera è giunta sana e salva alla seconda tappa della serata, l’altopiano del Golan in Israele, patria purtroppo di controversie religiose ma anche di grandi vini.
Lo Chardonnay 2011 Yarden proveniente dalle Alture del Golan – Israele è prodotto con uno dei principali vitigni mondiali, lo Chardonnay appunto. Vitigno francese e impronta del vino sicuramente francese. La bocca è subito pervasa dai sentori vanigliati del legno – in cui vino effettua anche la fermentazione e poi riposa sui lieviti per oltre 7 mesi – che si trasformano nel finale in note di caramello. Da un territorio di conflitti geopolitici, arriva un vino estremo grazie al lavoro di operatori organizzati in cooperative, i kibbutzim e i moshavim, che allevano viti in terreni basaltici che sfiorano i 1200 m di quota e talvolta, ahimè, si circondano di campi minati.
L’esperienza è quasi mistica, perché il pensiero di degustare un vino proveniente da zone così dure (intese come zone in cui la vita probabilmente non è semplice come gli occidentali si possono aspettare) evoca alla mente immagini di guerriglia e di scontri religiosi che sono purtroppo troppo frequenti in quella parte di Mondo. Il tempo però, come si suol dire, è tiranno ed è nuovamente ora di salire sulla mongolfiera in direzione della nostra tappa successiva: il Sudafrica.
Il Pinotage 2011 Laroche proveniente dalla regione dello Stellenbosch – Sud Africa è il primo rosso della serata. Il Pinotage è un vitigno ideato e creato da Abraham Perold nel 1925 come incrocio tra due vitigni francesi: il nobile Pinot Noir ed il più “nazional-popolare” Cinsault (noto allora come Hermitage). Unione dei nomi e delle caratteristiche dei due vitigni originari, il Pinotage è ormai ritenuto vitigno autoctono del Sud Africa, paese che vanta una tradizione enologica importante. A metà del 1600, infatti, Città del Capo divenne un’importante scalo per le navi della Compagnia delle Indie Olandesi, che potevano trovare ristoro e godere dei vini locali, in particolari quelli della cantina Costantia. Tali vini si imposero sulle tavole della nobiltà europea, competendo con i più blasonati rossi francesi e i Tokaj ungheresi. E proprio i vini di Costantia erano i preferiti di Napoleone, allietandolo fino all’esilio a Sant’Elena.
Degustato il primo rosso e brindato al premio Nobel Nelson Mandela e alla sua lotta contro l’Apertheid, i passeggeri hanno ripreso il loro posto a bordo, in un viaggio che ci ha fatto attraversare l’oceano Atlantico e sorvolare gran parte dell’America del Sud per atterrare in un altro posto particolarmente attraente e un territorio decisamente impervio: il Cile.
Il Carmenere 2011 Casillero del Diablo della Rapel Valley è un vino che si caratterizza al naso per sentori di torrefatto e tabacco, derivanti anche dal passaggio in botti. In bocca si presenta come un vino di pronta beva, con tannini morbidi, buona freschezza e note di prugna e spezie. Il vitigno, il Carmenere appunto, ha origini bordolesi, ancorché in Francia sia poi scomparso a causa della fillossera, l’insetto che nella metà dell’800 ha decimato gran parte delle viti Europee. La zona, a sud di Santiago del Cile, si chiama così per il fiume Rapel, che costeggia territori minerali su cui le viti di Carmenere assumono sentori minerali e freschezza decisamente interessanti.
In territori così impervi come possono essere le Ande Cilene il tempo varia in continuazione e il Capitano della mongolfiera richiama tutti ai loro posti per partire verso la sosta successiva. Direzione Nord e la California come prossima destinazione, nella speranza di trovare l’Eldorado seguendo le orme dei primi pionieri del XXVI secolo.
Zinfandel 2010 Painter Bridge proveniente dalla Central Coast, in particolare Paso Robles – California. Lo Zinfandel è un vitigno ritenuto autoctono per gli USA e designato the “America’s wine heritage”, anche se recenti studi ne hanno riconosciuto le stesse caratteristiche genetiche del Primitivo di Manduria. Entrambi i vitigni, tuttavia derivano dal Plavac Mali, uva di originaria della Dalmazia che è approdata nel New England nel 1829 tramite una collezione botanica austriaca (Schoenbrunn – Impero d’Asburgo). Il vino, che presenta anche una percentuale di Syrah di circa il 15%, è di un bel rosso rubino brillante, con un naso ricco di pepe di frutta matura, quasi confettura, in particolare lampone e amarena. L’acidità che caratterizza questi frutti la si ritrova anche in bocca, facendo ritenere tale vino meritevole di un po’ di pazienza per farlo maturare in bottiglia qualche anno prima di apprezzarlo al meglio.
Un giro del mondo non si può definire tale se non termina laddove è iniziato. Dal sole della California, infatti, i nostri ospiti partono alla volta dell’Oceania, dove il viaggio era iniziato, fermandosi però in Australia, paese che se a Nord, come scrive Bill Bryson è bruciato dal sole, al Sud trova un clima perfetto per la produzione del vino.
Bin 4 BAAN 2010 Salomon Estate della regione vinicola a sud di Adelaide, il McLaren Vale – Australia. Si tratta di uno Syrah, o come lo chiamano a queste latitudini Shiraz, con l’aggiunta di una piccola percentuale di Merlot (meno del 10%). Un vino dal colore molto intenso (e ahimè anche dai sedimenti presenti), con complessi profumi di frutti di bosco e un corpo assoluto: 14,5% di intensità ed emozioni. Il territorio intorno ad Adelaide è fertile per le viti, che si perdono a vista d’occhio lungo tutta la costa e nelle isole del Sud, come Kangaroo Island, posto incantevole per la fauna che la popola e per la produzione di interessantissimi vini.
Il giro del Mondo è così concluso, ma una serata della Compagnia del Calice, come gli ospiti sanno bene, non si limita alla degustazione, ma cerca di coinvolgere tutti anche attraverso un gioco.
Per la serata del World Wide Wine l’organizzazione non ha potuto fare a meno di mettere in competizione gli ospiti tra di loro in una rivisitazione piuttosto particolare di uno dei giochi da tavola più conosciuti: il Risiko.
Gli ospiti sono stati infatti divisi in sei squadre, una per ogni tavolo, a cui sono stati associati i sei continenti del tabellone del Risiko. Europa, Asia, Oceania, Africa, America del Nord e America del Sud si sono infatti dati battaglia nella conquista dei punti – carrarmati, che nella versione pacifista della Compagnia del Calice erano ovviamente tappi di bottiglia.
Il gioco consisteva nel rispondere a domande sulla nazione di provenienza, vitigno e zona di produzione dei vini in degustazione, serviti rigorosamente “alla cieca“. Da subito i due tavoli-continenti che prendevano vantaggio erano l’Europa e l’Africa, che rispondendo correttamente a molte delle nostre domande conquistavano punti su punti e comandavano il gioco, non si sa quanto grazie all’uso smodato degli smartphone o quanto alla bravura dei partecipanti 🙂 . L’imprevedibilità però era dietro l’angolo e la possibilità di “rubare” punti agli avversari con il classico attacco ad altri continenti utilizzando i dadi proprio come si usa fare a Risiko, ribaltava continuamente le gerarchie.
Alla fine a spuntarla, nel divertimento generale, era l’Europa, con il decisivo attacco all’Africa nelle fasi finali della sfida. A tutti i vincitori del tavolo andava un wine stopper, ma come di consuetudine la Compagnia del Calice aveva bisogno di un solo vincitore. Lo spareggio premiava Milvio, che nel minuto a disposizione riusciva a scrivere il maggior numero di Capitali Europee e poteva alzare simbolicamente il premio, una bottiglia di Zinfandel 2010 Painter Bridge.
Noi, come al solito, ci siamo divertiti ad organizzare ed intrattenere i nostri ospiti e siamo sicuri che anche questa volta il piacere è stato reciproco.
Davide