La serata del 18 Aprile, la Compagnia del Calice ed i suoi amici si sono avventurati nel magico mondo dei vini autoctoni del Friuli Venezia Giulia: una regione dalla spiccata personalità, dove identità culturale e viticoltura sono tutt’uno.
Fabio ci ha guidati in un’affascinante introduzione storico-geografica a questa terra di confine e di “contaminazioni”, di varietà e ricchezze umane e naturali, con le Alpi austriache e il mondo germanico a Nord, il Mediterraneo a Sud, i Balcani e il mondo slavo ad Est, il Veneto ad Ovest, con un clima di transizione tra continentale e mediterraneo.
Già in epoca romana, il porto di Aquileia, uno dei maggiori dell’antichità, vide passare genti ma anche anfore e viti di ogni tipo! La viticultura fu poi ulteriormente sviluppata da nuove ondate di dominatori, prima Longobardi, poi Veneziani, infine Austriaci.
Oggi il Friuli Venezia Giulia produce eccellenti vini da vitigni internazionali, ai vertici non solo nazionali, ma noi ci siamo concentrati sui fuoriclasse autoctoni, tre bianchi, due rossi ed un passito:
- Ribolla Gialla IGT – 2012 – Attems
- Colli Orientali Friulano DOC – 2009 – Villa Russiz
- Friuli Isonzo Malvasia Istriana DOC – “Dis Cumieris” – 2010 – Vie di Romans
- Colli Orientali Friuli Schioppettino DOC – 2009 – Vigna Traverso
- Colli Orientali Friuli Refosco dal Peduncolo Rosso DOC – 2009 – Vigna Traverso
- Collio Picolit DOC – 2008 – Ronco dei Tassi
Per dar maggior valore a questi vini abbiamo abbinato dei cibi provenienti direttamente dal territorio, quali: il formaggio Montasio (due stagionature diverse), Prosciutto San Daniele, Trota salmonata “Regina di San Daniele”, salame d’oca e il dolce Gubana.
Primo vino in degustazione: Ribolla Gialla di Attems.
L’origine di questo vino pare che risalga ai Romani che lo impiantavano con il nome Avola. Alcuni studiosi pensa che provenga dall’isola greca di Cefalonia con il nome Robola. La maggior parte degli studiosi è però concorde nel ritenere il vitigno di origine friulana e le prime testimonianze certe risalgono al XII secolo, quando era conosciuto col nome di Rabiola, apprezzato per finezza ed eleganza.
Questo è stato notato anche dagli amici in sala. Fine, elegante, discreti profumi, mela golden in particolare. Al gusto è rotondo, beverino e invitante. Piacevole l’abbinamento con il Montasio 5 mesi era anche se qualcuno in sala lo ha degustato spiluccando la trota; sembra che questo seconda accoppiata abbia dato maggior pregio e valore al vino. Grande iniziativa dei nostri soci!
Siamo poi passati al Friulano (ex Tocai) di Villa Russiz. Questo vino è stato portato alla notorietà anche per vicende politiche giudiziarie. Il nome è stato conteso per anni dall’Ungheria ove si trova il Tokaj (dall’omonima cittadina), un vino completamente diverso (dolce) . L’Italia difese la paternità di questo vino in quanto nel 1632 nel contratto matrimoniale della baronessa Aurora Formentini quando andò in sposa al conte ungherese Adam Batthyany vengono riportati come dote «300 vitti di Toccai». Nel 1993, però, l’Unione Europea decretò che il nome dovesse essere attribuito al vitigno ungherese. Dal marzo 2007 venne infine vietato all’Italia l’utilizzo del nome “Tocai”.
La degustazione: vino fine, delicato, elegante, ricco di struttura ed equilibrato, ottenuto da uve prodotte in quantità minime da viti nodose e contorte. Le caratteristiche principali sono il gradito profumo, poi il sapore di mandorla amara e la bassa acidità.
Il consorzio del Prosciutto San Daniele indica il Friulano come il vino da prosciutto… detto, fatto, gustato e apprezzato!
E vai con la terza emozione! La Malvasia Istriana. Ha sicuramente appassionato la sala ed anche se meno nota dei precedenti, ci ha mostrato la sua personalità nella muscolosa (14,5˚) versione di Vie di Romans. Il colore giallo dorato cattura l’attenzione, poi si proseguire con un tripudio di profumi agrumati, dal mandarino al pompelmo, pur rimanendo fresca e scattante, con sensazioni di erbe aromatiche. Qualcuno vi ha persino sentito gli odori dell’orto in una giornata estiva (buccia di pomodoro, salvia…)! In bocca è corposa e sapida, di grande persistenza e coerenza rispetto ai profumi. Un vino per piatti di pesce importanti. Noi l’abbiamo accostata con la trota salmonata affumicata (la “Regina di San Daniele”), una delicatezza di una certa grassezza e dal gusto deciso, capace di contrastare e sposare la pienezza della Malvasia.
Un breve excursus ci ha portato alle origini della Malvasia, presso le scogliere della penisola di Monembasia nel Peloponneso. I Veneziani, divenuti con le Crociate monopolisti dei trasporti militari e commerciali tra Europa e Mediterraneo Orientale, si impadronirono di questo angolo di paradiso nel 1248, e cominciarono ad inondare l’Europa dei vini bianchi e rossi dei dintorni, che assunsero il nome generico e alla moda di Malvasia. Fu il primo fenomeno globale europeo del vino: vino del popolo – a Venezia nacquero osterie dette Malvase – e dei ricchi, dai senatori della Serenissima ai nobili inglesi (nel Riccardo III di Shakespeare, Giorgio il Plantageneto, Duca di Clarence, sceglie di morire annegato nel più nobile dei vini: in una botte di Malvasia!). Venezia per la crescente domanda globale piantò vigne di Malvasia a Creta e in terraferma, specie in Friuli e in Istria. Nel ‘600 la conquista ottomana di Creta e poi la progressiva decadenza di Venezia fecero svanire il fenomeno globale della Malvasia. Cos’è rimasto? 16 varietà di Malvasia nella sola Italia, tra bianche e nere, per un arcobaleno di vini secchi o aromatici che non finisce di affascinarci.
Il Friuli Venezia Giulia non è una regione unicamente a vocazione bianchista ma ha anche una rappresentanza di vini rossi di indiscusso valore. La tradizione autoctona é testimoniata da un vitigno dal nome simpatico: lo Schioppettino, conosciuto anche come Ribolla Nera.
Piccola nota di colore, il nome si ritiene derivi dal rumore che l’acino produce quando viene masticato: uno schioppettare in bocca grazie ad una buccia molto tesa che ricopre una polpa corposa.
La zona prettamente di appartenenza é il comune di Prepotto (provincia di Udine), tale da specificarne la doc: Colli Orientali del Friuli Schioppettino di Prepotto DOC. Il 2009 di Vigna Traverso ha colore rosso rubino intenso con sfumature violacee, il profumo tipico ed elegante con sentore di spezie e frutti di bosco, infine il sapore é vellutato, di corpo, secco, con sentore di pepe verde e con una nota amarognola finale.
I nostri amici degustatori hanno risposto con commenti entusiasti all’assaggio tanto da snobbare l’opzione del Duca di Clarence di voler morire affogato nella Malvasia ed al quale consiglierebbero, oggi, il più nobile Schioppettino…
Eccoci ora al più rappresentativo rosso del Friuli, il Refosco dal Peduncolo Rosso, vincitore della serata per indice di gradimento. Il peduncolo rosso è il pedicello che tiene l’acino e cambia colore diventando rosso poco prima della vendemmia. “Refosco” invece deriva dal friulano “rap fosc”, ovvero dal latino “rapa fusca” = grappolo scuro, con gli acini pruinosi di colore blu scuro intenso, prima caratteristica che ritroviamo all’esame visivo del vino, rosso scuro con riflessi violacei, impenetrabile. Abbiamo degustato uno strutturato Refosco di collina del 2009 di Vigna Traverso, tipicissimo per l’intenso profumo vinoso, di frutti di bosco, lampone in particolare. Ottima la pienezza in bocca, con una moderata tannicità, sapido e succoso. Il vino giusto per la carne, sia in una serata invernale accompagnando un buon bollito, sia con un sottofiletto con una vena di grasso, ma anche salumi saporiti, formaggi di media stagionatura e in generale piatti rustici della cucina friulana. Noi lo abbiamo provato con l’apprezzatissimo salame d’oca friulano, stagionato e dal gusto deciso.e, il profumo tipico ed elegante con sentore di spezie e frutti di bosco, infine il sapore é vellutato, di corpo, secco, con sentore di pepe verde e con una nota amarognola finale. Abbinamento con Montasio stagionato 15 mesi.
I nostri amici degustatori hanno risposto con commenti entusiasti all’assaggio tanto da snobbare l’opzione del Duca di Clarence di voler morire affogato nella Malvasia ed al quale consiglierebbero, oggi, il più nobile Schioppettino…
Il Refosco è un vino che conobbe fama già in epoca romana, come attesta poeticamente il capostipite dei tuttologi e dei gourmand, Plinio il Vecchio, nel XIV libro (vitigni e vini) della sua Naturalis Historia:
“Giulia Augusta ascrisse al vino Pucino (i suoi) 86 anni, non bevendone di altro. Viene prodotto nel golfo del mare Adriatico non lontano dalla sorgente del Timavo, su un colle sassoso, dove matura per poche anfore alla brezza del mare; né si ritiene che ce ne sia uno migliore per i medicamenti”
Giulia Augusta, nata Livia Drusilla, in quanto moglie di Ottaviano Augusto (primo imperatore di Roma) fu la donna più potente al mondo nei 45 anni di regno del marito. Quale vino era così straordinario da occupare in esclusiva la mensa di cotanta matrona? Oltre al riferimento al Timavo, l’indizio decisivo per riconoscere il Pucino nel Terrano ovvero Refosco del Carso è nella sezione dello stesso libro dedicata alle uve da vino coltivate in Italia: “…pucina (uva), omnium nigerrima…”= (l’uva) Pucina, la più scura tra tutte, la rapa fusca! Infine, da professionista delle cose militari, cita nei dintorni il Castellum Pucinum, fortezza di confine, sulle cui rovine sorge oggi il castello di Duino, a breve distanza dal Timavo. Questi elementi sembrano togliere ogni forza all’ipotesi – sostenuta da alcuni storici e scienziati del vino – che si trattasse invece del bianco Prosecco, originario dell’omonimo borgo 20 Km più a Sud.
Ultimo in degustazione ma sicuramente non meno importante, come da tradizione delle nostre serate e come il buon ordine di servizio insegna, abbiamo degustato un vino speciale, uno tra i passiti più famosi a livello nazionale ed internazionale: il Picolit, dell’azienda Ronco dei Tassi.
Vino antichissimo, già prodotto in epoca romana, ebbe l’onore di deliziare i palati di papi e imperatori. Vitigno arrivato ai nostri giorni grazie all’opera del Conte Fabio Asquini di Fagagna che nel 1700 salvò questo pregiatissimo vitigno da sicura scomparsa. Fu anch’esso un precursore della globalizzazione, diventando noto ai “forestieri” in mercati di alto prestigio come Londra, Parigi, Genova, Milano: trovò tra i suoi grandi estimatori la Corte di Francia, la Corte Papale, i Re di Sardegna, l’Imperatore d’Austria e lo Zar di Russia. Nell’Ottocento la produzione subì una fase di arresto, per poi ritornare vigorosa negli anni Settanta del XX secolo.
Il Picolit è caratterizzato da produzioni limitatissime dovute a una particolarità nello sviluppo degli acini che vanno incontro ad un parziale aborto floreale, lasciando il grappolo spargolo con acini più piccoli e più dolci.
Il colore é un giallo ambrato, i profumi ricordano sentori di frutta secca e albicocca, il tutto con grande eleganza e finezza. Il sapore é dolce, caldo e morbido; la sua dolcezza non é prevaricante in bocca lasciando così una piacevole ed elegante persistenza.
L’abbinamento prescelto é stato con un dolce tipico friulano: la Gubana, di pasta dolce lievitata con ripieno di noci, uvetta, pinoli, zucchero e liquore, un buon accostamento senza però dimenticare, per dovere di informazione, l’ ottima corrispondenza che il Picolit ha con i formaggi erborinati…a voi la prova.
Unanime il suo successo tra i nostri amici, per un vino di grande fascino e di grande appeal.
Ogni vino è stato presentato senza dare la componente di prezzo, anzi, ne abbiamo fatto un gioco (come nostra tradizione). Abbiamo chiesto alle persone in sala, secondo loro, il prezzo a scaffale di ogni singolo vino.
Alla fine della serata abbiamo premiato Isabella che degna della trasmissione OK il prezzo è giusto, ha ottenuto il minor scarto di prezzo sulla totalità dei vini.
Ultima nota della serata. Dalle schede di valutazione che abbiamo raccolto è emerso che tra i rossi e in assoluto ha prevalso il Refosco, tra i bianchi la Malvasia Istriana, ed ottimo piazzamento per il più piccolo e dolce della famiglia, il passito Picolit.
Alleghiamo infine il link alla brochure della serata: Friuli Venezia Giulia – Brochure
Fabio, Giorgio, Marco